UCCIDIMI


Sono sempre più prevedibili.
Se affrontati da soli e in campo aperto puoi provare addirittura a giocarci, mimando una danza circolare che li disorienta, li fa sentire accerchiati.
Faticano a valutare le distanze e le proporzioni, sembra che non riescano a controllare il movimento delle pupille e girano il collo come i gatti per seguire i tuoi spostamenti, per poi ruotare le spalle e le anche in un evidente sforzo di equilibrio.
L'infezione inizia dal cervello e lo tramuta in uno straccio intriso di sangue.
Occhi, naso e orecchie sono i buchi dal quale fuoriesce, denso e scuro come catrame, quel che resta del loro senno liquefatto. La pressione all'interno del cranio li stordisce, il dolore generato li acceca e incattivisce.
L'epidemia contratta li trasforma in animali affamati, dai movimenti limitati e convulsi. Capaci di agire solo frontalmente e guidati unicamente da un istinto omicida e vorace mai appagato, mai soddisfatto.
Sono all'apparenza goffi e impacciati eppure spesso sorprendono, capaci di effettuare balzi inaspettati come il guizzo di un animale che credevi essere addomesticato. Accompagnano i loro attacchi con gemiti e urla inumane e fortissime, udibili facilmente da altre carcasse nelle vicinanze. Per questo non è mai una saggia idea giocare con loro, perdersi in inutili balletti dal vago sapore scientifico. Non sai mai chi stia assistendo in lontananza alle danze essendo, i loro schiamazzi, uno specchio per allodole vive o morte, curiose o affamate che siano.
Meglio essere rapidi, silenti e poco inclini alle confidenze.
Non sempre, da uno scontro con un infetto, riesci ad uscire indenne. Qualche graffio da curare c'è sempre, come il rischio di danni più consistenti, specialmente se gli assalitori sono più di uno. In questo caso sono tre e salgono rapidi le scale aiutandosi con il corrimano, ansimano, rantolano e inciampano nei gradini.
Due sono particolarmente vicini.
Resti scoperto al centro del pianerottolo quanto basta per invitarli a sbilanciarsi, avidi di arrivarti alla gola. Si intralciano tra loro e passano oltre, non riuscendo a coordinare il proprio corpo e reagire al tuo cambio repentino di posizione.
Mentre compi il passo laterale che disorienta i primi due aggressori alzi le braccia al cielo per caricare il colpo di piccone che si abbatte sul terzo, più arretrato, trapassandolo dalla nuca allo sterno.
Rapidamente disincagli l'arma dal corpo che si affloscia a terra e ti lanci giù dalle scale.
I due infetti impiegano qualche secondo ad invertire il proprio moto e gettarsi al tuo inseguimento, pochi gradini vi separano.
Al piano terra un'alta figura deforme intralcia l'uscita principale del condominio costringendoti a preferire l'uscita posteriore. Anche questo contagiato si protrae per afferrarti finendo solo per colpire i tuoi inseguitori rallentandone ulteriormente il passo.
Esci all'esterno dalla porta sul retro che da su un giardino interno abbandonato e infestato di erbacce e cespugli. Un altro appestato si accascia sotto il peso del tuo piccone che gli stacca letteralmente il braccio dalla spalla e si conficca nel terreno ai suoi piedi. Non hai il tempo di fermarti e raccogliere l'attrezzo.
Hai inferto il colpo in corsa e sempre correndo scompari trai i rovi che affogano il giardino. I passi di chi ti insegue sono ancora ben udibili. Non ti volti e procedi deciso attraversando vicoli, oltrepassando staccionate abbattute e facendoti largo tra vetture demolite dal tempo, immondizia e corpi mutilati.
Finisce il centro abitato e la tua corsa sbocca in campo aperto, i primi alberi del bosco sono distanti parecchie centinaia di metri. Gli inseguitori alle tue spalle non desistono.
Cerchi con lo sguardo il punto in cui la vegetazione è più fitta per poter svanire al suo interno. Ora sei una sagoma nera su un tappeto verde, inseguita da altre tre sagome nere, tutti e quattro visibili da chilometri.
Il sibilo che senti a pochi metri dalle tue orecchie è tutto quello che speravi non succedesse in quel frangente. Lo scoppio arriva dopo tre o quattro secondi.
Continui a correre ma questa volta modificando frequentemente la tua direzione, perché quel sibilo era un proiettile sparato da più di un chilometro di distanza e proseguire in linea retta sarebbe come correre dritti verso la morte. Un altro sibilo e poi lo scoppio, un altro ancora, seguito dallo sparo udibile dopo parecchi secondi e ti rendi conto di esser solo. Non senti più gemiti e passi alle tue spalle.
Voltandoti indietro noti che le tre creature giacciono a terra tra la sterpaglia.
- Ora tocca a me - pensi ad alta voce e le tue gambe rallentano fino quasi a fermarsi. Ma dal bosco non arriva più nessun proiettile, nessuno sparo.
Giungi finalmente ai primi arbusti e ti ci butti a capofitto, tra foglie e rami secchi, con il cuore che batte a mille e il fiatone che ti strozza la gola. Resti immobile ma non succede nulla.
- UCCIDIMI! - urli al vento - UCCIDIMI! - ma neanche il vento ti degna di una risposta.